La villozza in mattoni rossi anni ottanta ci accoglie con la piscina illuminata e man mano che ci avviciniamo al gazebo sotto il quale è servita la cena cominciamo a capire che i diversi siamo noi. I padroni di casa, intorno ai cinquanta, sono un po’ kitsch ma molto ospitali: lui ha fatto i soldi all’estero e lei si è rifatta all’estero con i soldi di lui.
Le cibarie sono ancora incartate nelle confezioni da supermercato e a parte del prosciutto in gelatina, dell’antipasto “gianduia”(sic!), patatine fritte e quattro olive, oltre all’immancabile tagliere di salumi che in estate si sciolgono, le bevande sono vinacci di serie B e così decidiamo di stappare la bottiglia di champagne rosé portata da me per l’occasione e berla fra di noi.
Già, perché agli altri ospiti, una quindicina, della cena non importa nulla...
Osservando meglio il bestiario umano che ci circonda, la ghost writer afferma: “In questo posto io non c’entro nulla!” e si nasconde sotto lo scialle di cotone che la avvolge trasformandosi in una sorta di suora di Madre Teresa di Calcutta. “Attenta cara”- la metto in guardia-“ potresti essere la più eccitante con quell’aria monacale!”
Intorno a noi infatti ci sono uomini un po’ bolliti che attendono qualcosa, forse l’autorizzazione a svegliarsi dal torpore beota, manipolati da donne tigri tutte terribilmente uguali. Per forza! Hanno in comune gli stessi chirurghi estetici. Grandi tette, zigomi pronunciati, labbra gonfie e soprattutto polpacci in tensione per non perdere l’equilibrio. Indossano tacchi vertiginosi con zeppe applicate a tomaie fantasiose: strass, fiocchi, lacci, disegni.
Tutte hanno un animale della giungla da qualche parte, sulla pelle o sugli abiti. Una di loro arriva dalla Serbia e per venti minuti ci siamo chiesti se fosse un transessuale. L’abbiamo subito soprannominata la SerbaCroata.
Un’altra ci dicono sia giunta da Francoforte e per noi è diventata la Fianco-forte. Ma la più assurda è una sorta di segretaria-casalinga dalla faccia e il deretano che fanno molto provincia, capelli corti biondo platino, abito a tubo color ghiaccio con inserti in pizzo nero che, appena si volta, ti sbatte in faccia il davanzale generosamente rifatto, penzolando in avanti causa tacchi, anche qui super e in tono con il boa constrictor tatuato sulla caviglia.
Volgendo lo sguardo altrove, mi trovo faccia a faccia con una che riconosco, appollaiata su tacchi neri sadomaso, avvolta in uno straccetto scuro e in hot pants che le si infilano dove dovrebbe arrivare solo l’immaginazione. Ma allora è vero quel che si mormora di lei…e lì si svela l’arcano…è una festa per scambisti!
Apriti cielo!
Il funzionario Onu in giacca smette di raccontarci la festa a Palazzo Reale per il 14 luglio francese dalla quale è appena giunto e la giornalista in paperine tenta un timido: “Eh se andassimo a prenderci un gelato da Miretti?”
Il compagno del broker finanziario osserva tra il divertito e lo scanzonato la SerbaCroata e decreta: “Io quei tacchi non li indosserei neppure al Gay Pride di Londra e poi dovrei appiccicarmi i cerottoni Compeed sui talloni…sai che male se no.” Alla chetichella, ma con tanta classe e urbana civiltà, il nostro gruppo di intellettuali leva le tende rinunciando all’esperienza.
A ben pensarci, io, single, chi avrei potuto scambiare?
Al massimo avrei potuto proporre un baratto della mia bella camicia a fiori acquistata da Liberty a Londra, ma non certamente con l’abito dalla tigre stampata di Fianco-forte!